Preloader image
Back

L’ALIBI DELL’OGGETTO. Morandi e gli sviluppi della natura morta in Italia

16 novembre 2007- 20 gennaio 2008

A cura di  Marilena Pasquali con la collaborazione di  Federica Filippi Gabardi

In collaborazione con il  Centro Studi Giorgio Morandi

Con il contributo della  Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca

Con questa esposizione, la Fondazione Ragghianti vuole proporre al pubblico una riflessione che, come spiega la curatrice Marilena Pasquali, è volta prima ad indagare e poi a ribadire la continuità, la vivacità e persino la necessità di un’arte che riconosca nell’oggetto l’occasione, il pretesto, l’alibi per mettersi alla prova, per dire sé stessa e per riflettere il mondo.

L’oggetto assume così il significato della parte per il tutto, del modello di riferimento, dell’emblema di una realtà in cui la forma o la sua negazione, l’esaltazione o il rifiuto del quotidiano, il ripiegamento su se stessi o l’apertura all’altro da sé, tutto si esprime nella rappresentazione dell’oggetto, vanitas di un tempo umano che non è possibile arrestare e che può trasformarsi in durata solamente nella sospensione dell’immagine.

Giorgio Morandi è un punto di riferimento irrinunciabile (e non solo in Italia) nel percorso di ‘riscoperta’ dell’oggetto che attraversa tutto il ventesimo secolo e che giunge al presente, ai giovani di oggi che, con linguaggi e tecniche diverse, trovano nell’oggetto un “modello’” comunque inedito e ricco di implicazioni espressive non ancora esplorate.

Come ha scritto Carlo Ragghianti, Morandi ha fatto dei suoi «oggetti penetranti», dei suoi «oggetti ‘in costruzione’ nello spazio» una «struttura di visione», un’«architettura della visione», la base stessa della sua poetica e della sua poesia. E, con Ragghianti, tutti gli interpreti più attenti riconoscono a Giorgio Morandi questa facoltà di trasfigurazione di un elementare frammento di realtà in forma pura, in bellezza assoluta, da Cesare Brandi – che intuisce l’«oscuro valore totemico» di questi oggetti-forma – a Giulio Carlo Argan, per il quale «Morandi costruisce a partire dall’oggetto come Mondrian dal soggetto».

E Morandi non è il solo a subire il fascino delle cose d’ogni giorno (come scrive Cesare Pavese, «sappiamo che il più sicuro – e il più rapido – modo di stupirci è di fissare imperterriti sempre lo stesso oggetto. Un bel momento questo oggetto ci sembrerà – miracoloso – di non averlo visto mai»). Insieme a lui, dopo di lui, molti e importanti sono gli artisti che sanno dare una propria, originale ed irripetibile interpretazione di quella che un tempo si era soliti chiamare ‘natura morta’ e che negli ultimi cinquanta-sessant’anni si è rivelata arte più viva che mai.

La mostra L’alibi dell’oggetto ne propone una possibilità di lettura secondo sette declinazioni, sette percorsi che non intendono certo esaurire le potenzialità espressive dell’incontro fra artista e oggetto, quanto piuttosto invitare ad individuarne altre, a mettersi ancora una volta in gioco per rispecchiarsi senza timori nei frammenti di realtà che ci circondano.

Preloader image