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«Mi spiace di non essere venuto a Firenze per la traslazione delle spoglie di Gaetano Salvemini», scrive Bruno Zevi a Carlo Ludovico Ragghianti nel 1961. «Sono immobile a letto da quattro giorni per una banalissima infezione a una gamba, conseguenza di una scalfittura presami durante una partita a tennis. Caro maestro: tu sei sempre giovane, ma i tuoi allievi, quando riprendono a giocare a tennis dopo venti anni di sospensione… ecco cosa succede!».

Come nel tennis, lo scambio epistolare tra Ragghianti e Zevi alterna momenti di tensione e di leggerezza. Ci sono lettere che hanno la forza di un dritto carico di energia, tese a chiarire un punto o a difendere una posizione. Altre invece sono interlocutorie come un rovescio tagliato, che invita alla pausa e alla riflessione, rallentando il ritmo per lasciar spazio alla comprensione reciproca. La bellezza del gioco è nella continuità dello scambio, nell’equilibrio tra chi invia e chi riceve. Un epistolario, come una partita di tennis, vive del loro impegno a mantenere la palla in gioco, lasciando che ogni scambio sia un’occasione per conoscersi un po’ meglio.

Per la prima volta pubblicato nella sua interezza, comprendendo le carte conservate sia a Lucca sia a Roma, il carteggio tra Ragghianti e Zevi non è importante soltanto per comprendere il rapporto tra due degli storici dell’arte e dell’architettura più significativi del Novecento, ma per ripercorrere, attraverso i punti di vista di autentici protagonisti del loro tempo, la storia dell’architettura, dell’arte e della politica italiane del XX secolo.

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